La battaglia di Solferino

Storia della Croce Rossa, indice

  1. La figura di Henry Dunant
  2. La battaglia di Solferino
  3. La Prima Convenzione di Ginevra
  4. Nascita della Croce Rossa in Italia
  5. Dunant: da barbone a Premio Nobel
  6. Grandi Guerre ed impegno civile
  7. La Croce Rossa Italiana oggi
  8. Il dibattito sul simbolo
  9. Storia a fumetti e conclusioni

Quando Dunant raggiunse la Lombardia devastata dalla guerra, le operazioni militari erano a un punto di svolta: le battaglie di Montebello, Palestro, Magenta avevano segnato senz’altro dei punti in favore dell’alleanza franco - piemontese ed incombeva lo scontro decisivo. Questa battaglia, quella di Solferino, la più sanguinosa che l’Europa abbia conosciuto dopo Waterloo, deflagrò il 24 giugno 1859 e impegnò l’intera armata francese e la più gran parte di quella austriaca. Più di 300.000 uomini e 25.000 cavalli si scontrarono per oltre 14 ore, bombardati dal fuoco di oltre 1000 cannoni.

Dunant era lì vicino: stava percorrendo quei luoghi in una carrozza privata, irreprensibilmente vestito di bianco per difendersi dal caldo, alla ricerca di un abboccamento con l’imperatore. Udì distintamente il rombo dell’artiglieria, ma non si spaventò. Inorridì, invece, quando nel vicino borgo di Castiglione cominciarono ad affluire, sempre più numerose fino a diventare un fiume in piena incontenibile, le vittime di quella vicenda bellica: migliaia di feriti che arrivavano dal vicino campo di battaglia, ammucchiati in disordine senza la minima assistenza nella Chiesa Maggiore e tutt’attorno.

Dunant, arrivato sul luogo della battaglia al termine dei combattimenti, si trovò quindi davanti al terribile scenario di decine di migliaia di feriti di ambo le parti, abbandonati sul campo di battaglia con poche o nulle cure.Lenti convogli raggiungevano il paesetto carichi di ogni sofferenza umana. Feriti a migliaia, sfiniti, istupiditi dalle sofferenze: per loro non c’era assistenza, né un ricovero e nemmeno un sorso d’acqua. Migliaia di giovani uomini giacevano sulla nuda terra trapassati dalle pallottole, mutilati dalle schegge, schiacciati dalle ruote dei pezzi d’artiglieria e dei carriaggi, le piaghe infettate, tormentati dal caldo e dalla sete. Le intendenze avevano attrezzature assolutamente inadeguate per curare quei disgraziati che per i loro commilitoni erano diventati soltanto un peso da affidare alla pietà dei civili o alla solidarietà, quando era possibile, dei compagni d’arme.

Sconvolto, iniziò ad organizzare i primi soccorsi, chiedendo assistenza agli abitanti dei paesi vicini ed acquistando personalmente molti dei materiali necessari per prestare assistenza ai feriti e per costituire dei piccoli ospedaletti da campo. La sua azione fu prestare soccorso ai soldati di entrambi gli schieramenti, senza distinzione alcuna, con riferimento all'universalità ed equivalenza degli uomini davanti alla sofferenza. Impressionato dalla disorganizzazione delle Intendenze Militari nel recupero e nella cura dei feriti, Dunant partecipò personalmente all'opera. Migliaia di feriti furono trasportati nella città vicina di Castiglione delle Stiviere dove ricevettero le cure dalle donne del posto e dove chiese, scuole e case private furono messe a loro disposizione come ospedali temporanei.

Lui, ginevrino, accorso sul teatro della battaglia per caso, estraneo alla battaglia stessa, rimarrà stordito da quest’orrore e dedicherà tutta la sua vita a quella causa. Il ricordo di quella tragica giornata rimase incancellabile nella memoria del ginevrino e iniziò ad agire nel profondo della sua coscienza.

Questo è quanto narra la leggenda. In realtà, la formazione e le convinzioni maturate nel corso degli anni trovarono in quest’episodio la spinta ad affrettare i tempi per decisioni che non potevano essere ulteriormente procrastinate, trovandosi il diritto internazionale paurosamente sguarnito di fronte a questa tematica e sfida di civiltà: non è nel potere del singolo impedire il precipitare di eventi che portano a guerre sanguinose, ma è dovere della comunità internazionale compiere quei passi che aiutino a garantire i diritti umani, nel momento in cui lo stato di belligeranza altera la condizione del singolo, da combattente a persona inerme bisognosa di cure.

Anche se i principi di umanità ed aiuto ai sofferenti erano presenti negli ordini religiosi nei secoli passati, come frutto delle comunità organizzate in corpi volti a prestare aiuto ai singoli bisognosi, solamente a metà Ottocento col risveglio delle coscienze si ebbero moti di pietà organizzata che si facevano carico di atti di solidarietà nei confronti dei nemici feriti in battaglia. Cominciò allora a prendere piede il principio che il combattente ferito è neutrale.

Per due anni Dunant si sforzò, senza riuscirci, di tornare ai suoi affari. Nel 1861 si ritirò nella sua città natale con l’intenzione di rivelare all’opinione pubblica europea “l’atroce verità del campo di battaglia”. L'esperienza lo aveva profondamente segnato a livello personale, e lo spingeva ora a diffondere la testimonianza di quanto aveva visto, sollevando la necessità di aiutare, tramite organismi neutrali, i feriti di guerra. Realizzò così un progetto a cui aveva pensato fin da quando, ragazzino, veniva portato dai genitori a visitare le prigioni: scrivere un libro per scuotere le coscienze.

Alla fine del 1862 pubblicò quel libro, Un Souvenir de Solférino (Un ricordo di Solferino), testo intorno a cui si mobilitò progressivamente un ampio movimento di opinione internazionale. Inviato a politici, uomini di stato, sovrani, intellettuali, suscitò un forte sentimento di commozione testimoniato da quanto i fratelli Goncourt annotano nel loro diario: “Si lascia questo libro maledicendo la guerra”. Dunant denunciava soprattutto la vergognosa assenza di soccorsi sanitari sugli scenari bellici. L’Europa democratica rimase profondamente turbata nel leggere le sue pagine. “Il problema sollevato da Dunant divenne per gli Stati, se non un rimorso, certo un’inquietudine della coscienza e una questione all’ordine del giorno” (L. Firpo).

Lo scopo del libro è convincere i potenti della Terra dell’utilità di costituire società di soccorso per addestrare, in tempo di pace, personale volontario per intervenire in tempo di guerra a fianco dei reparti di sanità degli eserciti, verificatisi inadeguati proprio a Solferino. Le Società di Soccorso avrebbero dovuto rispettare semplici norme, un codice di intervento che, essendo uguale per tutti, fosse anche garanzia per i soldati feriti e fatti prigionieri. La prima edizione del libro fu in 1600 copie pagata interamente dall’autore stesso. Dopo la stampa e la diffusione del suo libro, egli si adopera per farlo recapitare presso i grandi dell'epoca, le case regnanti d'Europa e tutti coloro che potevano sostenerlo ed aiutarlo. La grande innovazione del pensiero di Dunant sta nell’idea di costituire Società di Soccorso che in ogni Paese operino seguendo gli stessi principi e linee guida. Ad essa si aggiunge la convinzione dell’imparzialità del soccorso, e la neutralità dei soccorritori e dell’apparato di assistenza sanitaria per i militari feriti e malati in guerra. Insieme a queste, un’altra idea innovativa è quella di addestrare del personale volontario che possa intervenire senza essere costretto, portando così nell’azione umanitaria un alto bagaglio di valori e di grande motivazione.

Due sono quindi i concetti innovativi: la neutralità del ferito e del personale volontario, e l’imparzialità del soccorso. Il Souvenir di Solferino è un libro scritto per risvegliare le coscienze dei grandi sul problema dei feriti dei campi di battaglia, per sollevare la necessità di assistenza al ferito che non è più nemico, ma in quelle condizioni è  inerme e quindi da considerarsi neutrale. Il soldato ferito è solo un uomo bisognoso di assistenza. Se non si soccorre è destinato  a morire sul campo di battaglia tra atroci sofferenze e nel più completo abbandono. Questi principi guida portano a concepire la possibilità di un'assistenza a livello internazionale, con un simbolo internazionale che possa proteggere sia il militare ferito, sia il soccorritore, sia gli abitanti che, involontari spettatori dei teatri di guerra, si trovano a dover ospitare i feriti.


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