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10/12/2006 - Roma

Dopo l’appello di Welby lite sull’eutanasia

Le sue condizioni peggiorano, slitta la visita della Turco.
Pannella: accanimento infame.
Umberto Bossi: la vita la toglie Dio

ROMA — Slitta la visita di Livia Turco a Piergiorgio Welby prevista oggi. Le condizioni del malato di distrofia muscolare, che ha scelto di rendere pubblica la sua «tortura» per contribuire alla battaglia sull'eutanasia e sul diritto a «una morte opportuna», sono in continuo peggioramento. La famiglia ha chiesto di rinviare l'atteso incontro.

UDIENZA — Potrebbe essere una settimana comunque decisiva. Martedì alle 12, comunica l'associazione Luca Coscioni, è fissata l'udienza del Tribunale di Roma, prima sezione civile. In discussione la richiesta di interrompere le cure, di staccarlo dal respiratore che lo tiene in vita artificialmente senza che esistano prospettive di miglioramento. Di ricevere, inoltre, una sedazione terminale per non patire altre sofferenze. I Radicali hanno sospeso lo sciopero della fame al quale avevano aderito 700 persone. È stato lo stesso Welby a rivolgere l'invito agli amici dell'associazione di cui è co-presidente, tanto più che uno degli obiettivi della protesta è stato raggiunto. La nomina giovedì scorso del nuovo Comitato di bioetica da parte della Presidenza del Consiglio.

PARERE — Mercoledì invece si riunisce la sezione del Consiglio superiore di Sanità, organismo consultivo del ministero della Salute. La Turco vuole un parere che chiarisca se le cure a Welby possono essere considerate accanimento terapeutico. In questo caso dovrebbero essere se non altro attenuate. Per avere il documento probabilmente non basterà un giorno. «Finiremo in tempi stretti, prima di Natale. Che ne penso? Devo svolgere un ruolo notarile. La storia umana è sconvolgente». L'epidemiologa Eva Buiatti e l'internista Franco Dammacco, coordinatori di due delle sezioni, hanno ricevuto il compito di impostare il lavoro. Il parere sarà votato dall'assemblea riunita.

POLEMICHE — Sono trattamenti eccessivi, sproporzionati secondo Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'Ambiente, quelli sopportati dall'esponente radicale: «Bisogna capire se è giusto tenerlo in vita a forza, torturandolo, senza possibilità di guarigione. Credo nessuno vorrebbe fosse curata così una persona cara. Altra cosa è l'eutanasia». Pannella senza mezzi termini dice che è «un caso clamoroso e infame di accanimento terapeutico». Ha diritto a essere separato dal respiratore, incalza Maurizio Mori, presidente della Consulta di bioetica, organismo non istituzionale, molto laico. Cesare Salvi, ds, ritiene che «sia inaccettabile negare a un uomo diritti fondamentali». Il capogruppo della Rosa nel Pugno, Roberto Villetti, rinfaccia agli «integralisti cattolici» di fare sbarramento su eutanasia e unioni di fatto. Il centrodestra non arretra. Si schiera anche Umberto Bossi, netto, lapidario: «Sono contrario all'eutanasia. La vita me l'ha data il Padreterno. Lasciamo a lui scegliere quando si deve vivere e quando si deve morire». Per Domenico Di Virgilio, di Fi, commissione Affari sociali della Camera «è strano che a far notizia sia solo chi sbandiera il diritto a morire e restano invece silenziose le voci di chi invoca un aiuto per vivere dignitosamente». Da Riccardo Pedrizzi, An, un attacco al presidente della Commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino: «Deve rileggere il catechismo. Questo non è accanimento terapeutico».

STORIE DIVERSE — A nome dei malati che vivono in modo completamente opposto le ultimi fasi della vita, alla quale continuano a restare avvinghiati anche se le cure non producono beneficio, la testimonianza di Gianfranco Cappello, responsabile del servizio di nutrizione artificiale al Policlinico Umberto I. Su 9.000 casi, racconta il medico che si occupa di servizio domiciliare per pazienti che non possono alimentarsi altro che col sondino, nessuno ha mai espresso il desiderio di interrompere le cure, di accelerare la morte.



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