Thomas Robert Malthus, economista e demografo inglese
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I padroni del pianeta

Nel giorno della Resurrezione, la domanda si fa più urgente: chi sono “i padroni del pianeta”?

Chi sono i padroni della terra? Chissà quante volte ci siamo fatti questa domanda. Hanno suggerito diverse risposte, già un anno fa, Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari nel loro “I Padroni del Pianeta” (nella foto). Questo libro, edito dalla Piemme, ha innanzitutto un merito: è anticonformista, ragionevolmente anticonformista. Abbiamo deciso di riproporre le sue linee fondamentali perché oggi, più che mai, non si parla chiaro in materia di ambiente, di risorse del pianeta, di organismi geneticamente modificati, di mancanza d’acqua, dell’effetto serra, delle risorse energetiche.

Dote rara e sempre apprezzata - la chiarezza del pensiero - soprattutto oggi. Dopo decenni di cultura monopolizzata, allineata, appiattita (si potrebbe dire “cloroformizzata”) qualcuno ha il coraggio, e l’onestà intellettuale, di andare controcorrente. Insomma, con queste pagine di Cascioli e Gaspari si ricomincia finalmente  a pensare. Il libro, di fatto, contiene verità e riflessioni incontestabili. Ma non è questa, forse,  la sua dote migliore, e neanche quella che ci interessa di più, non essendo affascinati dall’idea di ingaggiare una battaglia ideologica a colpi di dati, di confutazioni, di studi e ricerche.

Questo è in primo luogo un libro che fa riflettere. Fa capire come troppo spesso le culture alla moda si radicano nelle nostre menti inculcandoci convinzioni e determinando modi di vivere distorti. La metafora della caverna di Platone siamo noi.  Noi, nati e cresciuti nell’egemonia sessantottina non sapevamo, perché non ci era dato sapere,  che poteva esistere un’altra visione della realtà. Un’altra lettura. E nella dialettica hegeliana si arrivava alla sintesi mancando, però, dell’antitesi attraverso l’incontrastato  dominio della tesi. Il  tema dell’ambiente e dell’ambientalismo è serio. Serio e urgente. Per questo deve essere trattato in maniera equilibrata, competente e scevra dagli scimmiottamenti “radical chic”, tipici di  una cultura fatta di generalizzazioni, di luoghi comuni e, troppo spesso, di slogan urlati.

Quanto è stato di moda citare Malthus e il suo libro “Saggio sul principio di popolazione”, nonché  le sue teorie sulla tendenza genetica dell’uomo a “moltiplicarsi oltre il limite della sussistenza”?

Erano concetti espressi nelle prime venti pagine delle circa settecento che costituivano l’opera, che ben pochi, però, hanno letto. Se l’avessero fatto  avrebbero  capito che in quelle parole vi erano solo delle mere supposizioni di quasi due secoli prima, poi totalmente smentite dai fatti e dalla storia.

Il libro affronta vari temi tra i più gettonati dai contemporanei catastrofisti.  Primo tra tutti il problema della scarsità delle risorse. Concetto nato dalla diffusione, nel 1971, del libro di Paul Ehrlich “The Population Bomb”, nel quale si profetizzava il disastro alimentare ed i conseguenti scenari apocalittici. Poi l’uomo ha scoperto che la risorsa non è un elemento fisso, oggettivo, ma una sorta di prodotto dell’uomo stesso e della sua attitudine ad utilizzarla. Esempio tipico è il petrolio, che senza la capacità dell’uomo di renderlo “risorsa” sarebbe solo un sottoprodotto organico ad altissimo tasso inquinante.

Il concetto è che il limite alle risorse è dato principalmente dalla peculiarità e dalle potenzialità  che l’uomo ha di crearne sempre di nuove. La sua creatività, insomma, diventa l’elemento dirimente.

Scorrendo le pagine del libro ci  si imbatte in altri “punti forti” della cultura catastrofista, come la paura della sovrappopolazione.  Al di là della supposizione riguardo al  sinistro “incremento geometrico” degli abitanti del pianeta, smentito dai fatti, gli autori si soffermano sui danni che questa vera e propria fobia ha causato. Una denatalità che nei fatti rischia di compromettere  il futuro sviluppo economico di una società composta principalmente da anziani. Esempi e dati non mancano, e rendono inconfutabili gli argomenti presentati.

L’uomo ha dimostrato di saper moltiplicare le risorse e l’ultimo secolo ha avvalorato la tesi che è possibile aumentare la produzione di cibo utilizzando meno terreno. Così anche il fallace caposaldo della scarsità di cibo viene  illustrato, analizzato e, infine, ridimensionato.

Sul tema idrico gli autori fanno un distinguo tra la supposta imminente scarsità d’acqua, e il vero problema, cioè quello rappresentato dalla difficoltà di “accedere  all’acqua”, ossia i motivi che ne  impediscono l’utilizzo da parte di tutte le  popolazioni.  Il problema è, anche in questo caso, la capacità di rendere le risorse disponibili a tutti attraverso lo sviluppo dell’ingegno e delle capacità manageriali.

Insomma, il libro punta il dito su un pericolo che grava su tutti noi: “L’imperante visione negativa dell’uomo e della sua presenza, che è diventata l’ispiratrice delle politiche internazionali” e che rischia di compromettere lo sviluppo economico dell’intero pianeta in nome di un ingiustificato antiumanesimo che tende all’eliminazione dei poveri anziché della povertà, omettendo, però, di combattere le vere cause delle crisi, quali la speculazione finanziaria e la totale assenza di redistribuzione delle ricchezze su scala mondiale.

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