pazienti con fistole

La fistola ha una possibilità di trattamento conservativo (con la NA) e una possibilità di trattamento chirurgico.

La fistola digestiva non è altro che una ferita che non riesce a cicatrizzarsi per la presenza di succhi intestinali che la attraversano continuamente ostacolando il processo della cicatrizzazione: se blocchiamo questo passaggio (per esempio con la diversione dei succhi digestivi a monte della fistola) la guarigione della fistola è assicurata come quella di una qualsiasi ferita anche se infetta.

Se non è possibile o non è conveniente arrestare il transito delle secrezioni,  dobbiamo cercare di ridurle al massimo in modo che la tendenza a cicatrizzare della fistola prevalga rispetto all'effetto contrario dei succhi digestivi.

Mettere a digiuno il paziente riduce le secrezioni, ma riduce anche la cicatrizzazione e non può essere una soluzione. Il paziente deve  essere messo in NA e le secrezioni si riducono mentre la reattività dei tessuti della fistola viene stimolata. Se la fistola si chiude il problema è risolto. Se la fistola non si chiude bisogna passare al trattamento chirurgico.

Nei pazienti nei quali da una parte non si attende una lunga sopravvivenza e dall'altra l'intervento chirurgico non ha buone chance di riuscita si può pure decidere di mantenere il paziente in NA sine die.

Lo schema terapeutico è semplice:

  • interruzione completa delle assunzioni orali di cibi (e talvolta anche dei liquidi)
  • inibizione delle secrezioni (antiH2, somatostatina)
  • NE, se possibile, oppure NP. Inutile ripetere qui i vantaggi della NE, ma nel caso delle fistole la NP induce un riposo intestinale che è sicuramente maggiore della NE.

Bisogna tuttavia considerare l'importanza di poter continuare anche a lungo termine il trattamento senza correre alcun rischio. L'impiego della NED in questo tipo di patologia ha cambiato ultimamente tutti gli schemi terapeutici. Un tempo si metteva un limite di tempo al tentativo di trattamento conservativo in quanto la NP, che si usava prevalentemente, comportava alla lunga un rischio superiore a quello del trattamento chirurgico. E la qualità di vita era povera. Oggi con la NED il rischio si annulla e la qualità di vita è buona. La maggior parte dei pazienti preferisce indugiare nel trattamento conservativo (anche per mesi o anni) piuttosto che avventurarsi per una strada che nessuno riesce a garantire.

Distinguiamo le fistole alte, medie e basse a seconda della porzione di canale digestivo che è interessata dalla fistola. Sono alte le fistole che riusciamo a superare con la sonda di Bengmark (100 cm dal naso). Assimiliamo alle fistole alte anche le fistole pancreatiche e biliari. Sono basse quelle dell'ileo terminale e del colon (con intestino completamente conservato): le soluzioni nutrizionali per NE si assorbono molto prima di arrivare alla fistola. Sono medie le altre fistole, per le quali la NP è l'unica possibilità che rimane ed esulano dalla nostra trattazione- Parleremo invece delle fistole alte e basse.

Fistole alte

Una fistola della bocca, del faringe, dell'esofago, dello stomaco o del duodeno impedisce l'alimentazione orale: i cibi fuoriescono dalla fistola e con essi buona parte delle secrezioni gastro-duodenali. Bisogna interrompere l'alimentazione orale per mettere a riposo l'apparato gastroenterico: la fistola, ridotta l'erosione dei succhi digestivi, si chiude spontaneamente. Ma bisogna anche nutrire il paziente perché possa rapidamente cicatrizzare le sue ferite e per compensare le perdite di proteine dovute alla fuoriuscita di secreti gastrointestinali. In tutti questi pazienti è possibile far viaggiare una sonda di Bengmark in modo che la sua punta si trovi almeno 20 cm a valle della fistola.

Chi sono questi pazienti

Si tratta quasi sempre di pazienti con complicanze post-operatorie:

- interventi sull'esofago: fistole al collo della esofago-gastrostomia dopo esofagectomia totale, fistole esofago-pleuro-cutanee per interventi sull'esofago

- interventi sullo stomaco: fistole della esofago-digiunostomia dopo gastrectomia totale (di gran lunga le più frequenti), fistole della gastro-digiunostomia (Billroth 1) o della gastro-duodenostomia (Billroth 2), fistole del moncone duodenale affondato.

- interventi sul duodeno: fistole dell'affondamento duodenale dopo papillostomia. Molto rare perché oggi si preferisce l'approccio endoscopico.

C'è anche qualche fistola spontanea: fistole esofago-tracheali o esofagobronchiali per patologie neoplastiche dell'esofago o del polmone.

Strategia nutrizionale

Con un sondino nasogastrico o naso-digiunale (sonda di Bengmark) andiamo almeno 20 cm a valle della fistola e da qui introduciamo le soluzioni nutrizionali. Può essere necessario associare un drenaggio nasogastrico.

Per non stimolare le secrezioni intestinale (nel caso delle fistole del tratto gastroduodenale) è consigliabile utilizzare soluzioni nutrizionali semielementari in modo da ridurre al minimo la stimolazione sulle secrezioni epatiche e biliari. E tanto minore è la velocità d'infusione, tanto più efficace è il trattamento.

Bisogna ricordare che:

  • molto spesso le fistole sono ad alta gittata: il loro trattamento dunque deve prevedere un accurato reintegro dei liquidi e degli elettroliti perduti.

  • bisogna apparecchiare la fistola in modo che il danno locale (dovuto all'ustione dei succhi intestinali) sia ridotto.

Possono essere presenti suppurazioni intestinali (ascessi sottofrenici) che riducono la motilità intestinale. In questi casi bisogna saper passare dalla Nutrizione Enterale a quella Parenterale onde evitare che eventuale reflusso della soluzione nutrizionale o vomito inondino le fistole.

Alcuni tipi di fistole (per esempio quelle pancreatiche) possono complicarsi con emorragie importanti attraverso il canale fistoloso. Bisogna essere preparati al peggio e mantenere una inibizione delle secrezioni gastriche.

Una volta ottenuto il drenaggio zero bisogna aspettare almeno due settimane prima di riprendere (e progressivamente) l'alimentazione orale.

Fistole basse

Come si individua la categoria

Sono pazienti con una fistola dell'ileo o del colon. E' un tramite anomalo nel quale talora viene messo un tubo di drenaggio dal quale fuoriescono feci. La fistola comporta:

  • un evidente disagio per la necessità di mantenere in posizione un tubo di drenaggio o un sacchetto per colostomia.
  • il rischio che dal tramite principale della fistola si creino altri tramiti che conducano ad ascessi endoperitoneali o ad altre fistole.

Se il paziente si alimenta la produzione di feci aumenta e i rischi collegati a questo tramite anomalo aumentano conseguentemente.

Chi sono questi pazienti

Nella maggior parte dei casi si tratta di fistole postoperatorie dopo interventi sul colon (per lo più per un tumore). In pochi casi si tratta di fistole spontanee che in genere sono dovute a morbo di Crohn.

Strategia nutrizionale

Mettere a riposo l'intestino in modo da ridurre al massimo la produzione di feci e l'eliminazione di scorie. La fistola è una ferita come tante altre: non guarisce perché il continuo attraversare delle feci impedisce la rimarginazione. Con la nutrizione artificiale si può sperare di ottenere una chiusura spontanea del tramite fistoloso. Il trattamento ideale è la Nutrizione Parenterale, ma la dispersioni di contenuti fecali nell'ambiente deve sconsigliare questa tecnica che diventa ancora più rischiosa, tanto più che talvolta è necessario trattare il paziente per mesi prima di ottenere la chiusura della fistola. La Nutrizione Enterale (con soluzioni polimeriche o semielementari) permette una buona riduzione del transito colico senza comportare alcun rischio settico e può essere realizzata a domicilio senza alcuna difficoltà.

Bisogna però tenere conto delle seguenti considerazioni:

  • iniziato il trattamento enterale è necessario verificare le condizioni del transito intestinale a valle della fistola che spesso é più o meno compromesso (e questa compromissione del transito è la vera causa dell'insorgenza iniziale della fistola). Se il transito è molto compromesso si può abbandonare la speranza di una chiusura spontanea e la nutrizione può servire solo a recuperare il paziente e le condizioni locali della fistola prima di un indispensabile intervento chirurgico.
  • se, dopo un lungo trattamento, la fistola non accenna a ridursi o in ogni caso non guarisce, bisogna sempre considerare l'alternativa chirurgica. Ma, se la sopravvivenza prevista è modesta, una scelta può essere quella di continuare sine die la NA.
  • la cura della fistola deve essere anche locale: deve esser bene apparecchiata per la comodità del paziente e per evitare ustioni peristomali. Deve anche esser drenata opportunamente in modo che non si formino tramiti collaterali. Una buona tecnica è quella di introdurre nel canale della fistola una sonda che penetri ampiamente nell'intestino: la sonda crea una reazione da corpo estraneo che irrigidisce la parete del tramite e permette la guarigione dei tramiti collaterali e di eventuali suppurazioni associate. Estraendo progressivamente il tubo otterremo una chiusura del tramite dall'interno verso l'esterno, l'unico modo possibile.
  • una volta ottenuto il drenaggio non si deve aver fretta a rialimentare il paziente. La fistola potrebbe riaprirsi e sarebbe come ricominciare da capo. Riprendere gradualmente l'alimentazione dopo almeno 2 settimane.

pagina 22

di 25