Nutrizione Enterale Domiciliare
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Complicanze

I rischi connessi al trattamento NPD

Se non si usa una tecnica ben accurata ed i materiali necessari la Nutrizione Parenterale può diventare una fonte di guai

Le complicanze possono essere fondamentalmente di 5 tipi:

  • Complicanze settiche
  • Occlusione della via nutrizionale
  • Precipitazione della soluzione nutrizionale
  • Embolia gassosa
  • Complicanze metaboliche

Complicanze settiche

Le soluzioni nutrizionali sono ideali per la crescita e lo sviluppo di tutti i germi. La Nutrizione Parenterale deve esser somministrata rispettando la sterilità in modo rigoroso e metodico. Le precauzioni devono essere centuplicate se si prevede un trattamento lungo (come nel caso dei trattamenti domiciliari): una tecnica sbagliata la può far franca una, due, tre volte. Ma alla lunga la contaminazione avviene e sono dolori. E' un po' come con le lenti a contatto: devono essere usate in modo sterile. Se non si usano precauzioni di sterilità andrà bene per qualche mese, ma poi viene fuori qualche brutto problema.

E i problemi che possono venir fuori dalla Nutrizione Parenterale sono brutti assai.

In quest'ottica bisogna vedere anche il tipo di gestione della NP che si usa negli ospedali dove si prendono relativamente poche precauzioni di sterilità nella gestione del trattamento: il paziente ospadalizzato, infatti, deve fare in linea di massima un breve ciclo di trattamento, per cui i rischi connessi ad una gestione un pò allegra della linea nutrizionale sono relativamente modesti.

Nel paziente domiciliare, invece, prima o poi una gestione poco accurata porta alla contaminazione e alla febbre e ne derivano tutta una serie di problemi da non sottovalutare:

  1. il primo problema è le febbre, che finisce per aggravare la patologia di base ed impoverire la qualità di vita del paziente. Non c'è un immediato pericolo di vita, ma la febbre deriva da una setticemia che non è cosa di poco conto e può essere causa (anche se per fortuna è raro) di un ascesso polmonare o di un'endocardite.
  2. il secondo problema è che bisogna far la diagnosi: la febbre deriva dal port o da altro? Si potrebbe trattare di un'infezione urinaria, una sepsi delle vie biliari, una broncopolmonite o altro connesso alla malattia di base del paziente. Nel paziente a domicilio questa diagnosi è spesso difficile: si finisce per dover ricoverare il paziente. Anche questo impoverisce la qualità di vita.
  3. il terzo problema è che dovremo fare antibiotici a forti dosi e questo certo non ci aiuterà a migliorare lo stato di nutrizione del paziente, quello che era il nostro intento iniziale.
  4. il quarto problema è che può succedere che saremo costretti a togliere il port ed inserirne uno nuovo: questo vuol dire che il paziente dovrà sopportare un piccolo intervento e forse dovrà essere ricoverato per qualche tempo.
  5. il quinto problema è legato alle vie d'accesso per fare la Nutrizione Parenterale: questi port possono essere introdotti di base in 4 vene differenti. Quando un port si infetta e viene tolto la vena dove si trovava ne viene sempre danneggiata. Questi port nutrizionali non si possono togliere e mettere all'infinito. Ogni volta diventa più difficile e si può finire per non avere più modo di introdurre un nuovo port. Anche questo va considerato specialmente per i trattamenti a lunghissimo termine.

Cause: Il port o catetere impiantato che sia è un corpo estraneo inserito nel paziente. I problemi settici derivano proprio dalla possibilità che il port venga infettato. I germi possono arrivare da soluzioni nutrizionali infette oppure possono penetrare dalla cute nel punto di passaggio del catetere o dell'ago.

La sacca nutrizionale è il rischio maggiore. Una minima contaminazione della sacca porta all'infusione di enormi quantità di microbi che finiscono per infettare il catetere. I momenti pericolosi per le contaminazioni della sacca sono i seguenti:

  • introduzione delle medicine nella sacca
  • introduzione del puntale del set della pompa nella sacca
  • introduzione dei lipidi

Oltre alla sacca rischia di contaminare il catetere qualsiasi infusione di liquidi o farmaci attraverso il catetere (che invero bisognerebbe ridurre quanto possibile al minimo). Anche flebo in seconda via possono introdurre microbi nella linea nutrizionale. Tassativamente bisogna evitare di infondere sangue o albumina attraverso il catetere in quanto si favorisce il formarsi di depositi sulla superficie del catetere che poi sono sedi ideali per l'impiantarsi di microbi che occasionalmente attraversino il catetere.

I microbi possono penetrare anche attraverso la cute nel punto di passaggio dell'ago (nei pazienti con PORT) o del catetere impiantato. E' quindi necessario curare la sterilità della cute nel punto di passaggio e la medicazione occlusiva deve essere ricambiata ogni 2 giorni. La medicazione va ricambiata rispettando rigorosamente l'asepsi.

Segni: febbre alta insistente, che sale rapidamente, con brivido.

Talvolta sorge all'improvviso, come se il paziente avesse un'influenza. Altre volte si confonde con altre puntate febbrili che il paziente ha per la sua malattia o per infezioni urinarie. La diagnosi non è mai facile e spesso prima che si decida di iniziare un trattamento per il catetere, passano molti giorni. Nel paziente domiciliare l'infezione del catetere è un grosso problema anche dal punto di vista psicologico specialmente se si finisce per doverlo ricoverare.

Trattamento: emocultura dal catetere e dal sangue periferico, poi eparina e antibiotici (vancomicina o teicoplanina) introdotti attraverso il catetere. Conviene in genere sospendere l'infusione della sacca anche perché fa esacerbare la febbre. Molto spesso bisogna sostituire il catetere o il port.

Occlusione della via nutrizionale

La pompa va in allarme e segna OCCLUDED. Controllate la linea nutrizionale:

  • controlare che sia aperto quel maledetto quanto inutile regolatore di flusso di color celeste che qualcuno potrebbe aver chiuso
  • controllare che sia aperta la pinza di blocco di color bianco che si trova nell'ago di huber
  • controllare che il tubo non sia angolato o schiacciato da qualcosa
  • staccare allora il set dalla valvola e provare a far funzionare la pompa: se così funziona vuol dire che il port o il catetere impiantato sono occlusi.

Cause: si ha per lo più nei pazienti in regime di infusione notturno. Non hanno ben eparinizzato il port al momento di interrompere l'infusione e il sangue è coagulato nel port.

Segni: la pompa va in allarme oppure i liquidi in seconda via non scendono e addirittura il contenuto della sacca refluisce nella flebo in seconda via.

Trattamento: staccare il set dalla valvola e infondere 10 cc di soluzione fisiologica nella valvola.

Se non passa nulla NON FARE FORZA: si potrebbe lanciare in circolo un embolo. Prendere un campetto-medicazione, aprirlo, versare dentro sterilmente un ago di Huber, una siringa da insulina e una nuova valvola. Versare disinfettante nella vaschetta. Scoprire la medicazione con le solite precauzioni (scoprire la parte, mettere cappello, maschere etc) e togliere l'ago. Adesso mettiamo i guanti e disinfettiamo il port col solito sistema. Quindi prendiamo la siringa da insulina e facciamo tenere da una seconda persona il flacone dell'eparina tolto dal frigo: disinfettiamo il gommino e aspiriamo 1 cc d'eparina senza toccare l'ampolla con i guanti. Colleghiamo ago di Huber e valvola e riempiamo completamente il sistema di eparina. Adesso aspiriamo un altro 1/2 cc e connettiamo solidamente la siringa alla valvola. Procediamo quindi a pungere il port tenendo in mano la siringa collegata alla valvola. Adesso proviamo a iniettare DOLCEMENTE. Se defluisce facilmente vuol dire che era occluso solamente l'ago (evenienza molto rara). Se non passa nulla come prima aspiriamo quanto possibile con la siringa da insulina e rilasciamo il pistone iniettando DOLCEMENTE in modo da favorire l'introduzione dell'eparina nel port (ripetere una ventina di volte). Se aspirando vediamo entrare nella siringa del sangue vuol dire che si è stappato: infondiamo dolcemente tutta l'eparina, poi infondiamo 10 cc di fisiologica e quindi riprendiamo l'infusione. Se questo non accade togliamo la siringa e chiudiamo il portafoglio: lasciamo l'eparina agire per 12 ore e poi riproviamo nello stesso modo.

Se invece infondendo la fisiologica avvertiamo che passa anche se con difficoltà non c'è bisogno di cambiare ago: infondiamo 1 cc di eparina nella valvola con le solite precauzioni e lasciamo l'eparina agire per 3 ore. Poi riproviamo con la fisiologica e continuiamo fino a quando il flusso non migliora.

Precipitazione della soluzione nutrizionale

Le soluzioni nutrizionali sono studiate in modo che i vari composti non reagiscano tra di loro: sono frutto di anni di esperienze. Se si aggiunge alla sacca qualsiasi altra sostanza, c'è rischio che la miscela nutrizionale perda la sua stabilità e diventa praticamente pericolosa per il paziente. Le soluzioni precipitano, ma essendoci in soluzione i lipidi non c'è modo di vedere questa alterazione e si finisce per infondere al paziente una miscela che non può essere metabolizzata. I precipitati si accumulano nel polmone con conseguenze che possono essere molto gravi. Non bisogna aggiungere NULLA alle soluzioni senza aver sentito il parere di un esperto di Nutrizione Artificiale.

Segni: senso di oppressione precordiale, fame d'aria, talvolta dolore allo sterno.

Trattamento: sospendere immediatamente l'infusione della soluzione a rischio e fare esami.

Embolia gassosa

Il cuore è una pompa. Se si riempie d'aria (circa 80 cc) non riesce più a pompare il sangue e la morte è immediata. Una bollicina d'aria che entra in circolo non è pericolosa: va al cuore e di là al polmone dove finisce la sua corsa. Con un po' di sfortuna può infilarsi in un seno coronario, ma è un'evenienza quasi solamente teorica. La piccola bolla nel tubo della flebo non è pericolosa: ma se l'aria entra in quantità allora il pericolo esiste ed è mortale. A differenza delle vene periferiche dove il sangue ha una pressione sempre positiva, nei cateteri per Nutrizione Parenterale il sangue ha, in fase di inspirazione dell'aria, una pressione negativa: se si lascia APERTO il catetere l'aria entra rapidamente, tanto più rapidamente quanto più ampio è il diametro del catetere. Nel caso dei PORT il calibro è molto ristretto dall'ago di Huber: il rischio è molto modesto, ma non bisogna correrlo lo stesso. Mettiamo la valvola a salvaguardia del paziente e della nostra serenità. Non bisogna MAI svitarla e, visto che la cambiamo mettendo un nuovo ago di Huber il pericolo è ridotto a zero.

A fine sacca, se non ci accorgiamo che è finita, è possibile che la pompa pompi aria al paziente?

Il sistema adottato in questo libro previene questo rischio a 3 livelli:

  1. la sacca non contiene aria: quando finisce collabisce e aria non può andare al paziente
  2. la pompa ha un contatore che viene azzerato quando si mette una nuova sacca e la pompa è programmata per infondere la quantità esatta della sacca, dopo di che va automaticamente in allarme
  3. il sistema di pompaggio è una camera simile ad un cuore, se si riempie d'aria non pompa più (questa è la garanzia più totale).

Ma se si usa una pompa differente da quella utilizzata in questo libro o un sistema differente da quello descritto i rischi possono essere davvero importanti. Attenzione anche a chi infonde le sacche a caduta, senza pompa. Controllare che nella sacca non ci sia aria: se nessuno se ne accorge, a fine infusione potrebbe andare tutta al paziente uccidendolo.

Complicanze metaboliche

L'incidenza di complicanze metaboliche dipende grandemente dal tipo di paziente trattato: un paziente in condizioni metaboliche stabili che ha superato facilmente il periodo di induzione e si trova a regime standard di trattamento raramente esordisce improvvisamente con complicanze metaboliche: deve tuttavia essere sottoposto ad un regime standard di controlli di laboratorio, che tuttavia non devono essere necessariamente ravvicinati.

Pazienti fortemente malnutriti, pazienti critici e pazienti diabetici necessitano invece un controllo ravvicinato in quanto possono presentare complicanze metaboliche anche gravi.

Le complicanze più comuni sono gli squilibri della glicemia e della potassiemia.

L'iperglicemia è una complicanza meno frequente da quando sono state introdotte le soluzioni di lipidi che permettono di ridurre il carico di glucosio, ma è sempre la complicanza metabolica più frequente.

I sintomi dell'iperglicemia sono inizialmente torpore, astenia, senso di malessere, rossore del viso e aumento della traspirazione. Se la glicemia supera la soglia renale inizia la poliuria e di qui la sete e i segni della disidratazione. La diagnosi è sulla base della glicemia o della glicosuria. Normalmente si parla di iperglicemie quando si supera la soglia di 110mg%: questo limite non è estensibile al paziente in Nutrizione Artificiale. Da una parte, infatti, normalmente la glicemia viene misurata a digiuno: questo non è per il paziente in Nutrizione Artificiale nel quale il prelievo viene fatto mentre è in atto una terapia nutrizionale. D'altra parte, per una migliore risposta metabolica, è meglio che i valori glicemici si aggirino sul valore di 140 mg%. Si deve però accuratamente evitare di superare il limite dei 160 mg% che, nei più, costituisce la soglia renale oltre la quale comincia la glicosuria. La glicosuria, infatti, determina la poliuria e la progressiva disidratazione del paziente. La presenza di glucosio nelle urine può riaccendere flogosi croniche della vie urinarie con cistiti e febbri urosettiche che talvolta sono difficili da distinguere dalla sepsi da catetere endocavale. La prevenzione è da attuare in un sistematico controllo della glicosuria e della glicemia, specialmente nei pazienti a rischio.

L'ipoglicemia è una complicanza più rara, ma anche più pericolosa dell'iperglicemia. Si può avere per un errore del dosaggio dell'insulina o, come abbiamo già visto, per un'interruzione improvvisa del trattamento:

il pancreas del paziente continua a secernere insulina anche dopo l'interruzione e determina l'ipoglicemia. Un caso particolare è il fenomeno del bolo insulinico. Se nelle miscele nutrizionali aggiungiamo insulina pronta in una quantità superiore a 1 unità ogni 10 grammi di glucosio può succedere che l'insulina tenda a sedimentare nella parte bassa della sacca: la quantità totale di insulina, che sarebbe dovuta essere somministrata durante l'arco delle 24 ore, viene infusa in poche ore e il paziente va in ipoglicemia.

La sintomatologia è quella della reazione da stress: irrequietezza, bocca asciutta, sudorazione algida, senso di fame, midriasi. Se non si interviene si va verso il torpore e il coma.

La diagnosi si fa dalla clinica, corroborata da un Destrostix o una glicemia d'urgenza. Il trattamento consiste nel somministrare glucosio al paziente: zucchero per os, se possibile, oppure glucosio ipertonico endovena.

La prevenzione dell'ipoglicemia è in un'accurato dosaggio dell'insulina. Per prevenire il fenomeno del rebound insulinico non si deve mai interrompere repentinamente il carico nutrizionale e, se questo succede, bisogna infondere glucosata al 5%. Per prevenire infine il fenomeno del bolo insulinico conviene non superare in sacca il dosaggio di una unità ogni 10 gr di glucosio: se si somministra una quantità maggiore occorre ricordarsi, periodicamente, di agitare la soluzione. L'iperpotassiemia non è una complicanza frequente. I pazienti in NPT sono sottoposti a dosaggi di potassio molto elevati in quanto la sintesi proteica e l'incremento della massa cellulare sequestrano ingenti quantià di potassio. Se però, nei pazienti settici o ipercatabolici, non si riesce ad ottenere la sintesi proteica il potassio somministrato è troppo. Perché si determini una iperpotassiemia è necessario tuttavia che anche l'emuntorio renale sia poco funzionante.

La sintomatologia é fondamentalmente a carico del cuore che diventa aritmico e bradicardico e la bradicardia si accentua progressivamente fino all'arresto cardiaco.

La diagnosi si fa sulla base della potassiemia e di alterazioni tipiche dell'elettrocardiogramma.

Il trattamento consiste nel ridurre o sospendere la somministrazione di potassio nelle soluzioni, nella terapia diuretica e, eventualmente, nelle resine a scambio cationico.

La prevenzione si attua in un frequente controllo della potassiemia, specialmente nei pazienti con insufficienza renale e tutte le volte che si ha l'impressione che la nutrizione parenterale non abbia innescato l'anabolismo del paziente.

L'ipopotassiemia invece è una complicanza molto frerquente. Sotto il carico nutrizionale il paziente tende ad aumentare enormemente la richiesta di potassio. Inoltre molti pazienti presentano drenaggi naso-gastrici o fistole enterocutanee che sono una perdita costante e poco quantificabile di potassio.

La sintomatologia è anche in questo caso a carico del cuore: aritmia, tachicardia. Il paziente presenta senso di malessere e astenia.

L'elettrocardiogramma dimostra extrasistoli e inversione dell'onda T. La diagnosi si fa sulla base dell'elettrocardiogramma e della potassiemia.

Il trattamento è, naturalmente, in una maggiore somministrazione di potassio o nella reinfusione nell'intestino dei succhi intestinali perduti attraverso fistole o drenaggi.

La prevenzione è nel controllo routinario della potassiemia, tanto più ravvicinato quanto più il paziente presenti situazioni cliniche che disperdano potassio: fistole, drenaggi, terapia diuretica, poliuria osmotica.

Oltre queste che sono le complicanze metaboliche più comuni ce ne sono altre meno frequenti.

L'ipocalcemia in genere è dovuta ad un apporto insufficiente in pazienti da lungo tempo in Nutrizione Parenterale. La terapa con Lasix aumenta la perdita di potassio, ma anche di calcio e può determinare una ipocalcemia.

La sintomatologia è caratteristica in quanto è a carico dei muscoli: crampi, dolore muscolare, spasmofilia, alterazioni della sensibilità, spssmi muscaolaro con contrazioni tetanice (mano da ostetrico). Ci sono segni clinici patognomonici come il segno di Chvostek e di Trousseau. Il controllo della calcemia conferma la diagnosi, ma attenzione che il valore minimo di 9mg% si applica solo ai pazienti con una normale albuminemia: pazienti ipoalbuminemici (come appunto, molto spesso, i pazienti in NPT), hanno di norma valori molto più bassi, fino a 7.5 mg%. In ogni caso i segni dell'ipocalcemia emergono soo con calcemie decisamente basse.

Il trattamento deve essere sollecito: l'ipocalcemia può determinare gravi contrazioni tetaniche anche in relazione ad un contemporaneo instaurarsi di un'acidosi metabolica. Basta infondere gluconato di calcio endovena, lentamente. La prevenzione è in una somministrazione puntuale del fabbisogno giornaliero di calcio e nel controllo periodico della calcemia, specialmnete nei pazienti a rischio.

L'ipomagnesiemia è forse meno rara di quel che si pensi. E' dovuta ad un'insufficiente somministrazione di magnesio specialmente in pazienti con perdite di succhi intestinali (fistole, drenaggi, malassorbimento, diarrea). Sono esposti all'ipomagnesiemia anche i pazienti cirrotici, con pancreatite acuta o con acidosi diabetica.

La sintomatologia è caratterizzata da uno stato confusionale, disorientamento, irritabilità, nistagmo, tachicardia.

Si fa diagnosi sulla base della magnesiemia (valori normali 1.8-3 mg%) e il trattamento consiste nella somministrazione di solfato di magnesio o magnesio cloruro.

L'ipofosforemia si manifesta in relazione all'incremento dell'anabolismo che 'consuma' grandi quantità di fosfato. Sono esposti all'ipofosforemia anche i pazienti che assumono grandi quantità di antiacidi che legano i fosfati e ne impediscono l'assorbimento dalla dieta.

La sintomatologia è caratterizzata da anemia emolitica per un'eccessiva fragilità dei globuli rossi. Seguono letargia, parestesie periferiche, alterazione del linguaggio, polipnea, coma.

La diagnosi si fa sulla base della fosforemia (v.n.3.2-4.3 mg%). Il trattamento è la supplementazione di fosfati.

Nei trattamento a lungo termine (mesi) o in presenza di abnormi e croniche perdite di succhi intestinali si può andare incontro a deficit di alcuni oligoelementi. La più frequente e importante è la carenza di zinco che si manifesta con una dermatite pustolosa periorifiziale e delle estremità, edema della lingua che appare con con margini dentellati, perdita dei capelli, alopecia, distrofia degli annessi cutanei. Questi pazienti presentano una compromissione della cicatrizzazione. Presentano inoltre una ridotta increzione di insulina che rende il paziente metabolicamente instabile durante il trattamento nutrizionale.

Il trattamento è la somministrazione generosa di solfato di zinco. Sempre per trattamenti a lungo termine e in pazienti particolari si possono osservare varenze di vitamine. Tipica è la carenza di vitamina K che si determina in pazienti con diarrea severa, ittero ostruttivo, terapie antibiotiche prolungate nei quali questa vitamina non venga somministrata duranate il trattamento con Nutrizione Parenterale Totale. La sintomatologia è caratterizzata da una ridotta coagulabilità del sangue: ematuria, ecchimosi, sanguinamenti, porpora. Gli esami di laboratorio dimostrano un aumentato tempo di protrombina. Il trattamento è la supplementazione della vitamina a dosi generose. Quando alle soluzioni nutrizionali non vengono aggiunti i lipidi, a lungo termine si può andare incontro a deficienza di lipidi essenziali. Il paziente presenta una cute secca e squamosa, perdita dei capelli. Il trattamento é la supplementazione di lipidi endovena.

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