pazienti anoressici

Come si individua la categoria

Il paziente può dire di aver nausea, ma in genere non vomita mai. Ingoia bene solidi e liquidi e non tossisce quando ingoia. In genere l'alvo è fortemente stitico. Dimagrisce lentamente, ma inesorabilmente.

Chi sono questi pazienti

Appartengono a tre grandi famiglie, ben distinte.

Anoressie su base psicologica
Una malattia mentale (anoressia mentale, depressione) crea una grave avversione al cibo. Si tratta per lo più di donne giovani (anoressia mentale) che possono giungere a gravi cali ponderali. Hanno una serie di strani atteggiamenti verso il cibo, con rituali più o meno buffi. Talvolta si provocano il vomito. Abbastanza raramente si tratta di giovani uomini. Più spesso non si tratta di anoressie mentali ma sono pazienti con malattie mentali gravi (per esempio depressione) delle quali l'anoressia costituisce una componente (in genere importante): la situazione è molto più grave dell'anoressia mentale in quanto la malattia è cronica e non tende a recedere con l'età come l'anoressia mentale. E si possono associare tutti i problemi della depressione (per esempio tendenza al suicidio) o della dissociazione (per esempio visioni, allucinazioni).

Anoressie dei pazienti neoplastici
Il tumore in mille modi determina anoressia. Un po' è proprio la neoplasia che determina una cattiva appetenza per il cibo. Poi la depressione per la malattia cronica e la nausea determinata dalle terapie antineoplastiche. E' più marcata se ci sono metastasi epatiche. Questa anoressia è la causa del progressivo deperire dei pazienti con neoplasia e la nutrizione artificiale la può contrastare senza difficoltà. L'idea che il cancro è un animale che ti mangia da dentro è una favola d'altri tempi.

Anoressie dell'anziano
Sono anziani che cominciano a non mangiare più e deperiscono lentamente. Bisogna ben distinguerli dagli anziani che non mangiano più perché hanno paura che il cibo vada loro di traverso per una compromissione della deglutizione. Talvolta in questi pazienti si scopre un grande fecaloma che è causa di subocclusione e determina la nausea verso il cibo. Basta allora un breve trattamento e poi, ripulito bene tutto l'intestino, anche grazie alla Nutrizione Enterale si può progressivamente ritornare all'alimentazione orale.

Strategia nutrizionale

Se la malnutrizione non è grave si può tentare con integratori dati lontano dai pasti principali, ma controllando il peso accuratamente.Attenzione: l'anoressico non ama controllare il peso. Gli integratori non funzionano quasi mai.

In genere è necessaria la NE, usando soluzioni polimeriche (o soluzioni semielementari se vi sono problemi di transito legati a fecalomi). Si recupera rapidamente il peso con NE 24 ore su 24 lasciando il paziente libero di alimentarsi per os, ma senza stimolarlo: non ci serve in questa fase che il paziente si alimenti perché potrebbe presentare nausea o vomito per eccessivo carico nutrizionale.

Arrivati al peso si passa a trattamento solo di notte e durante il giorno si forza il paziente ad assumere 5 pasti (magari con integratori). Se il peso si mantiene o sale andiamo progressivamente riducendo l'alimentazione artificiale notturna fino a svezzare completamente il paziente.

Nel caso della anoressie psicologiche, naturalmente, la rialimentazione si scontra con la malattia mentale del paziente. In linea di massima il nostro piano è questo: abbiamo un paziente che rifiuta di mangiare e rifiuta di accettarsi con un peso maggiore. Con la nutrizione artificiale lo aiutiamo a non morire di fame e dividiamo il problema in due: in un primo tempo lo facciamo aumentare di peso in modo che impari ad accettarsi con un corpo normale (e lo tiriamo fuori dal guaio della malnutrizione). In un secondo tempo lo rieducheremo a mangiare.

Detto così sembra facile, ma poi in pratica questi pazienti vanno presi ognuno per il suo verso e si finisce per improvvisare nel modo più disperato. Ci vorrebbe quell'approccio multidisciplinare di cui in medicina si parla tanto per mille patologie differenti, ma non si riesce mai a realizzare. Qui dovrebbero collaborare l'esperto di nutrizione artificiale, lo psicologo, lo psichiatra e la famiglia. L'esperto di NA deve tenersi rigorosamente fuori dalle terapie atte a rieducare il paziente alla nutrizione orale: dobbiamo sempre tenere ben distinta la NA dall'alimentazione orale, nella mente del paziente, per evitare che il rifiuto dell'alimentazione orale diventi anche rifiuto della NA, l'ultima ancora di salvezza. L'esperto di NA deve dire chiaramente che lui non c'entra niente e demandare rigorosamente ad altri questo compito senza intervenire in nessun modo (almeno per quello che il paziente può vedere). E' un punto fondamentale, ma allora diventa indispensabile un altro polo di cura costituito dalla famiglia e da esperti psicologi e psichiatri.

Qui viene subito il primo intoppo; psicologi, psicanalisti e psichiatri raramente riescono a collaborare, anzi non accettano nemmeno di provarci in quanto reputano che ognuno di loro deve avere un campo tutto suo altrimenti la sua cura non può funzionare. Anzi, talvolta l'esclusione si estende al povero esperto di NA in quanto questa terapia viene vista come inutile: il paziente deve risolvere con le sue forze il problema alimentare. Tuttavia questo punto di vista non può essere accettato se il paziente sta praticamente morendo di fame.

Se. comunque sia, un esperto entra in campo contro l'anoressia i risultati sono molto modesti:

  • lo psichiatra usa dosaggi minimi per paura di avere risposte eccessive per via della malnutrizione del paziente
  • lo psicologo e lo psicanalista sfoggiano una calma serafica e prevedono una cura lunghissima con incontri settimanali o addirittura quindicinali
  • la cosa sorprendente è, poi, la frequentissima mancanza di un feed back tra la famiglia e l'esperto: il paziente non si alimenta, non riesce neanche a dormire la notte, ma si continua con la mezza pasticca di un banale calmante, per mesi, senza che nessuno muova un dito
  • la famiglia poi non è di nessun aiuto: tende a considerare il paziente come un rompiscatole che si ostina a non mangiare per attirare su di sé l'attenzione di tutti o per un infantile dispetto. Ci vorrebbero gli schiaffoni.

L'esperto di NA sembra essere l'unico a rendersi conto che il paziente sta morendo di fame. L'aspetto generale del paziente è quello della cachessia: magrezza incredibile, incarnato giallastro, gli occhi che sembrano uscire dalle orbite. Il paziente si muove e parla lentamente, ma sembra normalmente reattivo, nessuno va a misurargli la frequenza cardiaca che è incredibilmente bassa. Il paziente muore per una broncopolmonite che insorge improvvisamente ed è rapidamente mortale. Il controllo medico più accurato non può evitare la morte. Anche nel famoso Minnesota Experiment, in cui un gruppo di ragazzi furono sottoposti ad un grave dimagramento, molti soggetti morirono ed era un esperimento su pazienti sani al cospetto di un cast di specialisti di tutte le branche mediche.

CS33F: giovane depressa, dimagrita di 20 kg, pesa 29 kg, 14 kg sotto il peso ideale, albuminemia 2.5. Ricoverata in ospedale, inizia NE. I medici non vogliono trattarla a domicilio e la famiglia si dimostra non collaborante. La paziente viene trattata per 4 assurdi mesi in ospedale e recupera il peso di 43.7, albuminemia 3.4. E' completamente cambiata, ha un sorriso dolcissimo. Accetta pure di prestarsi ad un piccolo film per le infermiere: dimostra come sa mettersi il sondino da sola. Viene svezzata progressivamente e mandata a casa. La continuiamo a seguire telefonicamente. Per un mese, il peso si mantiene, poi comincia a scendere. Dal punto di vista psicologico la segue il parroco del suo paesino, maledizione. Rifiuta di venire a controllo. La ricoverano nell'ospedale del paesino, le fanno certe sacche, il peso scende. Il peso è arrivato a 26 kg, albuminemia 2.2, la portano finalmente al Servizio, le metto il sondino, riprende NE, non si vuole ricoverare. I parenti rifiutano di fare il corso, non hanno capito niente. Dopo 3 giorni la ricoverano ancora nell'Ospedale del paesino, forse broncopolmonite, la paziente muore.

Da una parte gli illustri neurologi, diciamolo pure, non hanno dimestichezza con i parametri nutrizionali. Dall'altra la malnutrizione dell'anoressico si associa spesso ad una notevole disidratazione per cui certi parametri ematici sembrano normali ("non ci saremmo mai aspettati di trovare valori così buoni": infatti non erano buoni per niente).

Dall'altra la famiglia e il medico di base hanno visto dimagrire il paziente progressivamente e non si rendono conto di quanto è denutrito. Ma poi non vogliono rendersi conto della situazione in quanto se ne sentono intimamente responsabili (forse molto più di quello che è realmente).

L'esperto di NA si trova in prima linea ed è maledettamente solo (ma tanto c'è abituato) e c'è anche un'amara considerazione da fare. Tantissimi pazienti vengono nutriti artificialmente. ma sappiamo che devono morire di una malattia che non li potrà risparmiare. Hanno diritto di morire e le nostre cure servono solo a lenire le loro sofferenze e prolungare quella che è solo una sopravvivenza. Invece il paziente con un'anoressia psicologica è assurdo che muoia. Al limite potrebbe continuare a fare la NA e ottenere una vita quasi normale per molti anni. Se muore è solo per un tragico errore terapeutico che si fonda su due errate considerazioni:

  1. che la malnutrizione grave non conduca a morte
  2. che la NA non sia capace di recuperare lo stato di nutrizione di questi pazienti.

In realtà chi ha piena coscienza dei punti che abbiamo considerato è solo l'esperto di NA che sarà l'unico a sentirsi realmente responsabile di quello che è accaduto anche se certe volte è come combattere contro i mulini a vento.

Il caso delle giovani con anoressia mentale richiede un'ulteriore riflessione. Si tratta di giovani donne dotate di una sensibilità e, spesso, di un'intelligenza superiore al normale inserite in famiglie sbagliate. La malattia è grave, ma quasi sempre transitoria, una specie di crisi di crescenza anche se può durare molti anni, dopo di che la paziente sarà sana, socialmente validissima, anche se si porterà nel cuore una specie di cicatrice che solo gli esperti possono vedere. Queste pazienti arrivano da noi quando tutti i tentativi sono falliti e noi siamo l'ultima spiaggia. Quasi sempre i medici che li curano sono molto contrari alla NA anche se la paziente è chiaramente moribonda. La paziente è intelligente e non vuole assolutamente morire (la paziente con anoressia mentale non è mai un'aspirante suicida), viene da noi perché vuole essere aiutata, ma noi dobbiamo trovare il modo di aiutarla. Questi sono i punti su cui si deve imperniare il comportamento dell'esperto di NA:

  • bisogna rivolgersi sempre alla paziente quasi dimenticando i genitori. Questo per almeno due motivi:
  1. la paziente vuole sentirsi libera di gestire la sua malattia (ma dobbiamo farle capire che deve farsi aiutare dai medici)
  2. in genere i familiari sono poco affidabili; escluso rari casi remano in senso contrario in modo plateale
  • è importante dimostrare la gravità dello stato di nutrizione e come questo possa portare a morte la paziente, raccontando magari le storie di altri pazienti
  • conviene dissociarsi apertamente dalle terapie neurologiche atte a recuperare l'appetenza al cibo. L'aspetto neurologico è quello fondamentale, ma io non c'entro niente, io posso solo evitare che il paziente muoia di fame, ma non è poco. Arriverei a non fare neanche un'anamnesi alimentare, tanto è perfettamente inutile.

Bisogna sostenere che il tubo nasale è indispensabile in quanto anche l'intestino è malnutrito e non assorbirebbe i nutrienti in altro modo. Non è vero. Sono arrivato spesso a negare il valore nutrizionale delle soluzioni nutrizionali: sono solo medicine che aumentano l'assorbimento dell'intestino in modo che quel poco che la paziente riesce ad assumere venga assorbito interamente e la mantenga in vita. E' incredibile come questa panzana possa funzionare e dimostra come la paziente voglia stare al gioco, un po' come il paziente con il cancro dello stomaco inoperabile che va in un istituto di oncologia, fa la fila in mezzo ai malati di tumore e alla fine esce convinto che la chemioterapia la sta facendo solo per ridurre l'infiammazione del suo povero stomaco malato di gastrite.

In genere, in questi casi, io dico che il tubo è fastidioso (sappiamo che non è vero) e l'introduzione comporta una certa sofferenza (altra bugia). L'anoressica non vuole che l'introduzione della sonda sia una cosa banale. Spesso vuole che i parenti le siano vicini al momento dell'introduzione del sondino e fa smorfie di dolore incredibili e chiaramente esagerate. Deve dimostrare qualcosa, non so che cosa, ma io sto al gioco.

E' fondamentale dichiarare che la terapia verrà gestita interamente dalla paziente. Attenzione: questo è un punto fondamentale ed è anche sorprendente. Vediamo migliaia di pazienti che fanno la NAD e tutti si appoggiano ad un parente anche quando potrebbero gestire tutto da soli. Ci sono pazienti che si fanno addirittura portare la pompa, tipo processione, perché "pesa". Ma l'anoressica no. Deve gestire tutto da sola e non vuole interferenze. Non è per poter barare e mettere nella sacca acqua invece di soluzione nutrizionale (anche se succede). Alla base della malattia c'è un intimo desiderio di libertà, di autonomia dal cibo, di indipendenza dalla famiglia e dagli altri. Tra l'altro le anoressiche sono eccezionalmente brave a gestire la NAD.

La paziente si deve pesare o, se non vuole sapere il peso (come spesso accade), deve essere pesata ogni giorno e il peso deve essere comunicato al Servizio. Qui l'anoressica spesso delega la famiglia, ma deve essere chiaro che eventuali decisioni legate al valore del peso verranno prese dal Servizio. La libertà della paziente dalla famiglia è sempre salva. A cosa poi serva questo controllo del peso viene lasciato per aria:potrebbe servire a vedere se il peso rimane sempre uguale, o se sta scendendo, non si sa. Naturalmente ci serve a vedere se il peso aumenta, anche se spesso rapidi aumenti in queste pazienti sono un'utopia, ma dobbiamo accontentarci.

La durata della cura dipende dal successo delle terapie neurologiche o psicologiche che assolutamente la paziente deve fare. Ma io, ripeto, non c'entro niente.

E così si parte verso un'avventura, che può durare mesi, anni. Può pure finire male, la paziente sfila il sondino ed ha perso una buona possibilità.

Se va bene, lo svezzamento deve essere fatto con scrupolo, senza fretta, anche perché quando ci siamo arroccati sulla NE siamo praticamente sul sicuro. Ricordo una giovanissima paziente che non voleva più togliere il sondino: lei usava la sua magrezza per gridare alla sua famiglia e al mondo intero il suo urlo di protesta. Aveva trovato che il sondino era un urlo altrettanto efficace e non comportava alcun rischio. Il padre, illustre universitario, e lo psicanalista, altrettanto famoso universitario, mi costrinsero a toglierlo ("non serve più, la paziente ha recuperato il suo peso"). La cosa non mi convinceva. La paziente, piangendo, disse "ve ne pentirete" e infatti ce ne siamo pentiti tutti, anche se poi le cose si sono risistemate e adesso la bimba è diventata medico. Vedrai che diventa urologa.

Non ho assolutamente voglia di invadere il campo altrui, ma devo ammettere che da quando tanti pazienti vengono sottoposti a trattamento con Olanzapina (Zyprexa) ho meno clienti anoressici: mi sembra un farmaco ottimo. Da una parte combatte la depressione e dall'altra stimola l'appetito. E' ben tollerato.

pagina 17

di 25