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    Caravaggio, pittore italiano del XVII secolo

    Caravaggio in Sicilia

    A Siracusa, Caravaggio fu ospite di Mario Minniti, suo amico di vecchia data, conosciuto durante gli ultimi anni romani. Nella città siciliana si interessò molto all'archeologia studiando i reperti ellenistici e romani della città siciliana: durante una visita assieme allo storico Vincenzo Mirabella coniò il nome "Orecchio di Dionigi" per descrivere la Grotta delle Latomie.
    Durante questo soggiorno dipinse per la Chiesa di Santa Lucia una pala d'altare del Seppellimento di santa Lucia (la patrona della città siciliana) la cui ambientazione sembra proprio quella delle vicine grotte da lui tanto ammirate.

    Durante il suo tragitto, secondo molti critici e secondo lo scrittore Andrea Camilleri, si sarebbe fermato a Licata, dipingendo il S. Girolamo nella fossa dei leoni, dipinto che avrebbe creato il culto della festa del Venerdì santo nella località dell'agrigentino e il San Giacomo della misericordia presente nella omonima chiesa.

    A Messina dipinse la Resurrezione di Lazzaro, tetra incompiuta e cimiteriale rappresentazione, la cui parte centrale è occupata dal corpo spasmodicamente teso nel gesto del braccio verso la luce, e l'Adorazione dei pastori, umile, raccolta, essenziale, calma.
    Fece a Palermo per l'Oratorio della Compagnia di San Lorenzo una Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, ricordata da Giovan Pietro Bellori, di lì poi trafugata da Cosa nostra nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969. Secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza l'opera, passata da cosca a cosca ed esposta nei summit come simbolo di potere e di prestigio, fu bruciata negli anni Ottanta perché rosicchiata dai topi nel periodo in cui i Pullarà la tenevano in una stalla. (L'episodio del furto ispirò l'ultimo romanzo di Leonardo Sciascia, Una storia semplice).

    Il Seppellimento di Santa Lucia è un dipinto ad olio su tela (408 x 300 cm), quest'opera fu realizzata nel 1608.

    Fu forse grazie all'amico siracusano Mario Minniti, pittore di talento, che riuscì ad ottenere la commissione di quest'opera.

    La scena sembra ambientata all'ingresso delle latomie: due enormi becchini in primo piano stanno cominciando a scavare la fossa, mentre, rimpiccioliti e quasi stampati sullo sfondo rotto solo da un arco cieco, stanno gli astanti al funerale, con il vescovo che dà l'estrema unzione alla Santa decapitata.

    La Santa presenta una ferita da taglio sul collo, ma se si osserva da vicino la trama della pittura, in un primo momento la testa appariva staccata. La drammaticità della scena è conferita, oltre che dalla riduzione delle dimensioni dei personaggi, dalla luce: non più orientata ed uniforme come nelle opere del periodo romano, ma più drammatica, del colore del sangue ed assumente tragici guizzi che quasi cancellano le figure; la parete di fondo solcata dall'arco cieco, poi, rende il tutto ancora più opprimente.

    Sembra quasi che il pittore non voglia far sovvenire in chi guarda il martirio glorioso, ma solo la cupa realtà di un funerale, di cui i becchini sono i veri protagonisti.

    Il motivo, poi, per cui Caravaggio scelga questo tema è semplice: su di lui pesava il bando capitale ed era in continua fuga per sfuggirne, ma l'incubo di finire giustiziato faceva sì che egli dipingesse, ossessivamente, scene di decapitazione.

    Adesso il quadro è ammirabile a Siracusa presso la chiesa in piazza duomo di S.Lucia alla Badia.

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